Bisogna dirlo. La nostra paura della demenza può essere peggiore della malattia stessa.
Quello che ha da guadagnare un genitore dall'essere curato dai suoi figli potrebbe essere evidente. Ma quello che può guadagnare il figlio lo è di meno.
La verità? Ho imparato che esserci e lottare nell'Alzheimer ha a che fare con dei doni che non possono arrivare in nessun'altro modo.
La demenza è in aumento in America. L'Alzheimer's Association sostiene che tra il 2000 e il 2008 le morti per il morbo sono aumentate del 66%, mentre ogni altra principale causa di morte è diminuita. La demenza è la sesta causa di morte negli Stati Uniti. Entro il 2050 l'incidenza dell'Alzheimer potrebbe quadruplicare in tutto il mondo.
Questi fatti hanno creato un'epidemia di terrore. Come nota un recente post sul blog «Psychology Today», solo il cancro inducce più terrore dell'Alzheimer nelle persone che hanno più di 55 anni. Con la crescente attenzionere richiesta da sempre più anziani, i figli di mezza età minacciano di abbandonare i genitori, e i genitori considerano il suicidio piuttosto che vivere con la demenza.
Ma io sono qui per dire che per i caregiver, almeno, ci può essere dell'altro: notizie rilevanti da considerare. Mi sono presa cura di mia madre assieme a mia sorella. Ho volato da Filadelfia a Dallas per diversi giovedì notte, dopo il lavoro, noleggiando un'auto dopo la mezzanotte, per arrivare alla casa di cura di mia madre. A volte mi chiedevo perché. Cosa diavolo mi ha fatto trascurare il matrimonio, i figli, il lavoro, per prendermi cura di mia madre? Ora, anni dopo, mi guardo indietro e so quello che ho guadagnato.
Con grande sorpresa, nell'aiutare ad assistere mia madre, ho cominciato a «cogliere» anche il più buffo dei suoi commenti. Infatti, la sua conversazione a volte sembrava fresca e sorprendente. Lei era spesso divertente, anche se mi sentivo in colpa per ridere. Mi sono resa conto lentamente che quello che diceva non era casuale, anche se a volte sembrava esserlo. Mentre invecchiava si riferiva spesso alla sua vita precedente.
Avevo sentito quelle storie. Le conoscevo, quella sulla volpe che rubava le galline di sua madre, quella sui medici in chirurgia che gettavano i loro strumenti da una parte della stanza all'altra, quella sul toro che la inseguiva nel pascolo. Per tutta la vita mia madre aveva cosparso così tante metafore nei suoi discorsi che mio padre spesso la prendeva in giro per questo. Quello che diceva diventava sempre più difficile da decodificare. Ma proprio perché sapevo le sue vecchie storie, anche alla fine della sua vita potevo spesso indovinare cosa voleva dire.
Ma il regalo più sorprendente di quegli anni è che ho recuperato il mio passato. Non avevo mai riflettuto molto sulla mia vita giovanile: avevo forgiato un percorso rettilineo attraverso la scuola di specializzazione, fino ad un posto da insegnante, che ho combinato con l'educazione dei figli, la cura della casa, e la scrittura. Mi sono sempre lanciata verso il futuro, creando nuovi corsi, scrivendo in nuovi generi, richiedendo sovvenzioni, scrutando l'orizzonte. Il mio passato era lasciato fuori per mancanza di capienza.
E poi ho dovuto rallentare per prendermi cura della mamma. Mentre perdeva la memoria, io ho riacquistato la mia. Scene di anni precedenti che avevo completamente dimenticato balzavano indietro con tanta forza che sembrava quasi che stessero accadendo ora.
Ho cominciato a capire la mia storia in un modo nuovo. Ho visto come mi ero definita nei confronti di mia madre, quanto duramente ho dovuto lottare per allontanarmi da lei, e che cosa era costato ad entrambe. Questo recupero inaspettato dei miei ricordi è diventato uno dei doni più spettacolari della mia vita.
Sì, la demenza è triste e no, non vorrei rivivere quel decennio. Ma sto meglio per essermi presa cura di mia madre durante l'Alzheimer e magari anche altri caregiver potrebbero dire lo stesso.
Fonte: Jeanne Murray Walker, Ph., D. in PsychologyToday (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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